Festa al trullo

‘Festa al trullo’ è il mio romanzo d’esordio, una ‘commedia nera’ ambientata in Puglia, in Valle d’Itria. Edito da Les Flaneurs, è l’istantanea di una terra stretta fra le necessità di valorizzare economicamente i propri beni naturali, architettonici e storici e quella di preservare l’integrità degli stessi.

La storia

La storia

Chiara Laera, opinionista e blogger di fama globale nella moda, originaria di Cisternino in Puglia, organizza una grande festa nella sua proprietà, il C-Trullo, per lanciare la nuova collezione di cicere&tria, il brand di uno stilista emergente. Il marchio è ispirato a un piatto tipico della cucina salentina.

La produzione dell’evento – e prima ancora la ristrutturazione della proprietà – diventa il detonatore di una serie di conflitti fra “gli invasori” del nord Italia o gli stranieri e la gente del posto.

Mimmo, il custode della proprietà di Chiara, difende il diritto della sua terra a restare se stessa, con la propria storia e le proprie tradizioni millenarie, anche rinunciando alla ricchezza e alle tante opportunità di un turismo danaroso e di elite. Non vuole che diventi strumento scenografico al servizio del grande showbusiness del fashion.

Intanto la Xylella, la peste degli ulivi, avanza, mettendo in ginocchio l’economia agricola della zona. E Mimmo è convinto che si tratti della versione salentina della biblica piaga d’Egitto.

L'incipit

Sulle pareti della piscina, le tessere di mosaico, assemblate a regola d’arte, componevano la scritta tinta su tinta Style is a state of mind. Lo stile come stato mentale, un paradigma assoluto per Chiara, la padrona di casa.

Il colpo d’occhio finale era un ventaglio di sfumature blu, come quello delle spolette tipografiche.

Tanti colori assieme, dall’azzurro al ceruleo, per tratteggiare  un’idea di giorno che non doveva mai farsi notte. Ma solo lì, in quell’angolo di proprietà. Altrove, regnavano festose tenebre.

La luce dei faretti, intercettando le ondine dell’idromassaggio, schizzava da una parte all’altra, come la pallina di un flipper. La corrente, in superficie, faceva pensare alla vita declinata all’infinito.

Un’enorme fenicottero rosa scivolava sull’acqua, cullando un uomo sulla cinquantina, a piedi nudi, in bermuda a righini azzurri e camicia bianca. Era Sante D’Elia, architetto e grande amico di Chiara. Il suo studio di Milano si era occupato della ristrutturazione della proprietà. Sul volto, coperto in parte dai capelli ricci, un paio di occhiali scuri, rotondi. Aveva un atteggiamento rilassato, la testa poggiata sull’omero destro e le braccia penzoloni. Una cannuccia nera da cocktail galleggiava a qualche metro da lui.

Dal bordo della piscina, Lorenzo osservava la poltrona gonfiabile muoversi pian piano, da un lato all’altro. Se fosse stato un cane si sarebbe tuffato per raggiungerla. Ma Lorenzo era un gatto, un soriano rossiccio.

La location

Festa al Trullo è ambientato in Puglia, a Ostuni, in contrada Pascarosa, nella splendida Valle d’Itria. Qui la protagonista Chiara Laera è proprietaria di una masseria con annessa trulleria con piscina. Il nome è la sintesi della C di Chiara e della parola Trullo. In Puglia la parola Trullo nel gergo comune non identifica la tipica costruzione a forma di cono nella sua sola unità. Un trullo può identificare più coni e un pezzo di terra.

Il Trullo è per noi pugliesi il fanciullino architettonico, una struttura a metà strada fra l’utile (strutture in passato adibite al deposito di attrezzi e animali) e il sogno di un’infanzia perenne, nella tranquillità e nel relax della campagna.

Dichiarati patrimonio Unesco dal 1996, i trulli oggi sono ambite residenze per trascorrere le vacanze in Puglia, molte extralusso.

A proposito della nostalgia

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Marcel Proust, il Tempo Ritrovato.

In questo libro io sono stata scrittrice e lettrice allo stesso tempo. Scrivere questa storia mi ha consentito di raccontare, con sferzante ironia, un momento storico decisivo nella Puglia contemporanea, una sorta di “grande bellezza”, con i suoi fasti e le sue contraddizioni. Ma anche di leggere la festa come simulacro di un passaggio fra ciò che eravamo e ciò che siamo destinati a diventare.

“Quand’è che i futuro è passato da essere una promessa a essere una minaccia?”, si chiede Chuck Palaniuk, in un suo romanzo.

Me lo sono chiesto anch’io scrivendo Festa al trullo.

Se è vero come ha scritto Mark Fischer che la nostalgia è un sentimento reazionario, cioè conservativo, Mimmo, il colono che custodisce la proprietà di Chiara Laera in contrada Pascarosa, è un reaszzionario. L’ho rivisto tempo dopo nel personaggio interpretato da Rocco Papaleo ne “Il grande spirito” di Sergio Rubini.

Mimmo è una figura refrattaria al cambiamento. Dentro la sua nostalgia e il rimpianto del passato c’è anche l’ostinato rifiuto di darsi per vinti. Di prestarsi a essere scenografia della Puglia ridente e festaiola, nonostante i tanti problemi, irrisolti, di cui soffre. Lui che è sempre stato regista della propria vita non accetta il ruolo di attore in quella degli altri.

Mimmo dice alla moglie: questi ( cioè i turisti stranieri) pensano che noi stiamo qui a fare il cinematografo. Cioè pensano che la nostra vita sia così bella, nel legame con l’arcaioco, così naif, da risultare finta. Cinematografica, appunto. Fino alla previsione del futuro: quando noi non ci saremo più, dice sempre a Memena, metteranno le nostre statue di cera, in casa nostra e faranno pagare il biglietto. La Disneyzzazione della Puglia, insomma. Dei trulli e delle masserie, con i pugliesi chiamati a far la parte del folclore locale a uso del grande schermo. O le comparse degli spot pubblicitari WeAreInPuglia proiettati a Times Square

Dove la politica fallisce bisognerebbe invocare un onnipotente divinità per farsi suggerire cosa fare. Forse promuovere modelli di sviluppo sinceramente rispettosi dell’identità dei luoghi, come suggerisce Sergio Rubini nel suo film, un poetico e surreale western urbano, con fondale Ilva, ambientato nella città vecchia di Taranto. E dunque resistere e non farsi colonizzare dagli yankee come accadde agli indiani nel vecchio west. La stessa metafora che ho adottato in “Festa al trullo, per raccontare lo scontro di civiltà fra il post moderno del fashion e l’arcaico delle campagne pugliesi. Un business che arricchisce i soliti pochi e poco resta sul territorio. E sullo sfondo la Xylella, la peste degli ulivi, che ho introdotto nella storia così come mimmo la vive: una piaga biblica mandata da Dio per punire una Puglia che si è venduta, stupidamente, al miglior offerente.

Ma la nostalgia è anche un sentimento ambivalente. Vedi nel libro il problema del fracasse nel trullo in via di ristrutturazione. Tenerlo o distruggerlo?

Peppe, il geometra locale, vorrebbe mettere un più pratico microonde. Sante, l’architetto, che viene dal nord metropolitano, è un finto nostalgico. Lui ha uno spirito retoricamente conservativo. Lui vuole conservarlo il microonde ma solo perchè è scenografico e risponde al bisogno di rappresentazione narrativa delle sue ristrutturazioni.

“Chiara l’influencer più importante del mondo è la figura di punta della vetrinizzazione sociale che stiamo vivendo. Al giorno d’oggi la nostra Puglia è un passaggio un po’ reale un po’ virtuale.  Fuggiamo dalla realtà per riostruirla  secondo altri canoni, digitali. Perchè si vanno riducendo sempre più  le differenze tra vita reale e vita spettacolare.

Esteriorità ed estetizzazione dei principali ambiti della vita sociale.

Il corpo stesso si è fatto packaging. Le strategie esibitive e di autopromozione indicano la direzione. Lo stato di eccitazione generalizzata le fa da contrappunto. Il superamento del concetto di identità territoriale e l’indebolimento dei generi s’insediano come dati accettati. L’annullamento delle distanze crea le condizioni per la sfida al Tempo.

L’emozione, più che l’opinione, è ormai pubblica.

Ma siamo ormai oltre lo scontro di civiltà, oltre Pasolini e la profezia del genocidio della ciciltà contadina. Perchè il post moderno social ha bisogno dell’arcaico, non può “semplicemente” violentarlo e cancellarlo, lo deve addomesticare, modellare per metterlo in scena.

Perché, di diceva, la nostalgia è ambivalente.  

E’ una dinamica che non vale solo per la Valle d’Itria, ma lì assume tratti più vistosi e romanzeschi.

Chiara pecca di riduzionismo perché lo sconvolgimento che lei stessa incarna è qualcosa di più che andare verso il futuro perdendosi qualche pezzo per strada.

Non è solo, infatti, il paese che cambia, in Valle d’Itria. Insieme al paesaggio, cambiano le teste delle persone, cambiano le abitudini, le ambizioni, i codici, tutto.

Chiara è  stratega, condottiera e portatrice di un modello che prevede una continua produzione di eventi per attribuire al suo luogo natale un’identità alla moda. In gioco c’è (sta, come si dice magnificamente in Puglia) la trasformazione della Valle d’Itria in un parco tematico.

 “The disneyzation of Society” (Alan Bryman). Disneyland come modello di riferimento per la società occidentale.

Una intera zona del Sud d’Italia si riempie di feste, giochi, passatempi, ristoranti e angoli divertenti. Si illumina, si trucca, si ristruttura, diventa architettonicamente vistosa e stimolante. Ospita figuranti. La sua materia di sfruttamento sono i turisti e il suo affare principale è lo spettacolo. Entra nei processi di produzione di un’economia sempre più incentrata sull’immateriale, sull’evento destinato a estinguersi e sul software.

 Ma perde l’anima. Perde i sentimenti.

 Ecco, questa è l’altra faccia del turismo secondo Festa al trullo”.

(Michele Laforgia)

 

 

I personaggi della festa

La vera protagonista del romanzo è la festa, ma sono tantissimi i personaggi che incontriamo fra le pagine del romanzo. “Nella festa che Chiara Laera organizza presso il suo fighissimo trullo per il lancio della collezione di moda dello stilista pugliese Vanni Loperfido, non sta solo il movente, l’ossatura portante della trama del libro. In questa festa glamour e molto in, c’è tutto. Ossia la rappresentazione, non solo di coreografie, arredi, riprese e scatti, ma la rappresentazione di noi stessi, sul palcoscenico “democratico”, in quanto ormai accessibile alla stragrande maggioranza, dei social. (Sabrina De Bastiani, Thriller Nord)

Perché tutto doveva avvenire quando calava il buio e i contorni delle esistenze si facevano meno definiti, come quelli delle coscienze individuali. Da quel momento in poi, un io collettivo, la tribù di Chiara, ridisegnava lo spazio dei luoghi. E si faceva regola di stile, comandamento da 140 caratteri. Perché non c’era nulla di lei, della sua corte di miracolati e del loro eccentrico nomadismo, che non dovesse finire nelle fauci insaziabili dei social.

 

 

Il booktrailer

Geometra di Fasano, figlioccio di Mimmo, è l’assistente, in loco, di Sante D’elia

Commesso di Ceglie Messapica, è il producer della festa.

Stilista, originario di Pezze di Greco, frazione di Fasano, vive e lavora da tempo a San Donato Milanese. E’ il designer del marchio #cicere&tria.

Maestro trullaro della Valle d’Itria.

Mest Luigi

Artigiano. Confeziona ceste e altri prodotti in paglia in un sottano a Speziale, frazione di Fasano.

E’ la cartomante. Durante la festa legge i tarocchi.

Appassionato di rosoli artigianali, li realizza personalmente, seguendo le ricette segrete di sua nonna.

E’ il casaro dell’Assunta, una frazione di Monopoli. Prepara la mozzarella durante la festa.

Direttore d’orchestra serbo, compositore di musiche possibili e impossibili. Durante la festa dirigerà la banda di Acquaviva delle Fonti.

Chiara Laera è la padrona di casa, ma soprattutto la più importante influencer della moda internazionale.  Originaria di Cisternino, grazie alla moda è diventata una cittadina del mondo.

Modelle, il duo perfetto, assistenti e amiche di Chiara.

Mimmo Montanaro, sessantacinque anni, di Fasano è il custode della proprietà di Chiara.

Casalinga, è la moglie di Mimmo. E’ la governante del C-Trullo di Chiara.

Casalinga, è la migliore amica di Memena. Collabora con lei nella cura della proprietà di Chiara.

Architetto di Milano, grande amico di Chiara, negli anni precedenti si è occupato della ristrutturazione della proprietà. E’ l’invitato di punta della festa.

Truccatrice di fama, originaria di Monopoli, residente a Londra ma ormai cittadina del mondo come Chiara, imbelletterà le modelle per la sfilata.

Appassionato di fotografia fin da bambino, a Londra è diventato fra i più importanti fotografi di moda del momento.

Blogger di “Vog Rutigliano”, giornalista, appasionata di moda.

Le massime in fasanese

La saggezza di Mimmo

Mimmo, il custode del C-Trullo di Chiara, non ha mai digerito l’invasione nella sua terra da parte della gente del Nord e degli stranieri.

Trasformare masserie e trulli in strutture d’accoglienza turistica è stato per lui un eccessivo prezzo pagato alla modernità; un imperdonabile cedimento alle lusinghe del benessere; il tradimento del mondo dei padri; lo snaturamento di tradizioni e valori, sommatoria di esperienze dei singoli che sono diventate nei secoli patrimonio collettivo.

Mimmo è cresciuto in un mondo  agricolo, i cui ritmi vitali seguivano quelli delle stagioni, in un legame ‘sentimentale’, oltre che lavorativo, con la natura.

I detti in fasanese che usa a commento di questa o quella situazione in cui si imbatte non sono solo proverbi, motti di saggezza contadina: sono “sentenze” morali, vaticini.

Nella convinzione di essere una persona di buon senso, Mimmo si sente il “medium” filologico fra ieri e oggi, il custode non solo della proprietà di Chiara, già casa di suo padre, ma di un mondo che qualcuno vuole solo “usare” per fini scenografici e non tramandare per i contenuti di saggezza e purezza. Lui si sente come il cucchiaio che conosce tutte le insidie della pentola e vorrebbe mettere in guardia la sua gente. Ma, non compreso neanche da sua moglie Memena, non gli resta che crucciarsi, rimpiangendo il passato dei suoi luoghi.